Azienda
Sanitaria Locale 8 Arezzo
Comitato Etico Locale
ASL8
Comitato Ass. Sanitaria Testimoni di Geova
"Coscienza. medicina e alternative al sangue -Attualità
in tema di rifiuto emotrasfusionale"
Presidio
Zona Aretina
Sabato 5 febbraio 2000 ore 8,30 - Auditorium Prefettura - Piazza Poggio del
Sole,1 Arezzo
Relazione
del Prof. Mauro Barni
Docente
di Medicina Legale Università di Siena
"IL
DIRITTO DI UN ADULTO CHE RIFIUTA L'EMOTRASFUSIONE ANCHE SALVAVITA. LA
POSIZIONE ETICA E DEONTOLOGICA, NEI SUOI RIFLESSI GIURIDICI DELL'
EQUIPE MEDICA CHE, IN UN INTERVENTO PROGRAMMATO DI ELEZIONE, SENZA
INFORMARE DELIBERATAMENTE IL PAZIENTE, CONFIDASSE NELL'EVENTUALE
INTERVENTO AUTORIZZATORIO DEL TRIBUNALE AD ESEGUIRE IN STATO DI
NECESSITÀ LA TRASFUSIONE RIFIUTATA DURANTE LA NARCOSI
OPERATORIA"
Per
violenza terapeutica: sopraffazione e morte di un uomo: Barni
Mauro
Il tema della trasfusione ematica, quale
estrema ed insostituibile terapia dello schock ipovolemico od
anossico in soggetti criticamente depauperati di sangue o di
emopigmento per fatti emorragici, accidentali o chirurgici, ovvero
per patologie congenite od acquisite, sembrava ormai avviato verso
una temperie di più serena rivalutazione, una volta liberato dalle
maggiori asprezze inerenti le pur legittime divergenze deontologiche.
Vi contribuiva l'affermarsi del principio di autonomia della persona
che affrancava il medico dalle eccessive e vincolanti preoccupazioni
cliniche sulle esigenze della terapia trasfusionale, resa meno
esclusiva e cogente dai nuovi indirizzi relativi al trattamento degli
anemizzati ed alla disponibilità selettiva di emoderivati e di
razionali strategie chirurgiche. Il dilemma operativo e bioetico si
limitava ormai al problema del minore in presenza di rifiuto dei
genitori ed a quello del soggetto ormai privo di coscienza che avesse
peraltro espresso una direttiva anticipata di rifiuto, ove l'uno o
l'altro versassero in effettivo e non altrimenti superabile pericolo
di vita. La ridefinizione di queste paradigmatiche eventualità quale
è emersa dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e la
biomedicina del 1997 (artt. 6 e 9) e dal Codice italiano di
deontologia medica del 1998 (art. 34) che valorizzano tanto il
consenso informato del "minore" ormai maturo e in
sufficiente misura consapevole delle proprie scelte quanto le
direttive anticipate, da sussumere almeno alla stregua di non
trascurabili elementi nella formazione del giudizio medico e
dell'indirizzo terapeutico, avevano indotto ragionevoli
orientamenti.
Inoltre, l'ammissione normativa secondo cui la
trasfusione "costituisce una pratica non esente da rischi",
che "necessita pertanto del consenso informato del ricevente
(art.19 DM 15 gennaio 1991), la fortissima penetrazione di
linee-guida nordamericane e anglosassoni in genere sul buon uso dei
sangue, l'affiorare di decisioni giurisprudenziali sullo sfondo di
una sempre più chiara e partecipata modulazione dottrinaria e
deontologica, avevano fortemente attenuato dubbi, angosce,
contrasti.
Anche il ricorso preliminare assolutamente
deprecabile e professionalmente indegno dei medici raggelati dal
dubbio, ai Procuratori della Repubblica competenti per territorio,
onde trarne conforto o addirittura autorizzazione per trasfusioni di
soggetti ormai non competenti (a parte il caso di "minori"),
espressivo di un penoso "trend" di medicina difensiva,
sembrava rarefarsi anche per l'avvento di sempre più chiare
direttive specialistiche.
Sin qui ho usato il tempo
imperfetto, perché il processo è stato bruscamente, drammaticamente
frenato.
Quanto è occorso a Milano supera infatti e di gran
lunga ogni immaginazione e recupera arroganti atteggiamenti
interventistici che mai si erano spinti peraltro alla legittimazione
della trasfusione coattiva in soggetti adulti, eticamente motivati ed
ancora in grado di esprimere con dignità e decisione la propria
volontà negativa, pur nella consapevolezza di un pericolo (nella
specie attuale ma non incombente) per la vita, in vista di un
intervento (neppure urgentissimo).
Il rapporto di causalità
materiale tra la emotrasfusione coatta e la morte di un paziente in
lotta contro una sopraffazione sinanco materiale, quale sembra
decisamente emergere dalla ricostruzione medico-legale del caso,
esaspera la gravità della vicenda, in cui si embricano paure,
arroganze, drammi umani, culminati in una tragica nemesi, fino ad
evocare aspetti penalistici fin qui inopinatamente esclusi.
Forse
la lezione "fiorentina" che assimilava il trattamento
chirurgico non consentito e seguito da morte all'omicidio
preterintenzionale è stata dimenticata, e il codice di deontologia
medica è stato ignorato in un incredibile e devastante soprassalto
difensivistico non della vita del paziente ma della impunità del
medico che ha indotto sciagurate decisioni (uso simultaneo della
forza fisica e della forza pubblica) insensibili alle voci
ammonitrici della scienza, della coscienza, della verità, della
compassione e persino della fede. Si trattava di un testimone di
Geova: ma questo è un elemento non essenziale. Si trattava
soprattutto di una persona che gridava il più sacrosanto dei suoi
diritti, la più inviolabile delle sue libertà.
Mauro
Barni
Mi premuro segnalare, con profonda indignazione, la
vicenda sanitaria che si concluse con la morte del testimone di Geova
______________ di anni 51, deceduto il 23 maggio 1996 presso
l'Ospedale ________________ al seguito di emotrasfusione
coattiva.
Il soggetto era ricoverato dal 21 maggio con
diagnosi di "neoplasia gastrica - emorragia gastro-intestinale -
infarto miocardico"; da qualche giorno aveva avuto episodi di
ematemesi; la pressione, all'ingresso era 110/70, la cute pallida; la
psiche e il sensorio integri; bassi i valori di emoglobina. Fu
prospettato l'intervento; ma il p. espresse netto rifiuto alla
emotrasfusione "prima dell'intervento".
Il 22
maggio non vi era "sanguinamento" ma si insistette per la
emotrasfusione interpellando un medico legale e un magistrato che
avrebbe autorizzato la emotrasfusione stessa "dove sussiste la
necessità" (ma tale assenso del magistrato
non è
documentato!). Il paziente continua a esprimere fermo e ripetuto
rifiuto, anche una volta edotto dal rischio; ha un malore (episodio
di sincope) da variazione di decubito (h 15,15); il cardiologo
evidenzia (ECG) marcato danno sottocardiaco anterolaterale; alle
17,25 il p. denuncia angor retrosternale o oppressione (lieve
miglioramento).
Alle 17.30 (si riporta testualmente quanto
risulta in cartella clinica) "si contatta il magistrato... che
conferma l'autorizzazione a procedere con le terapie mediche ritenute
necessarie secondo scienza e coscienza" (non v'è accenno alla
trasfusione e tanto meno per scritto). "Constatato il
deterioramento progressivo delle ultime ore delle condizioni
generali, della comparsa ECG di danno miocardico, del calo
dell'ematocrito, dell'inutilità a procedere nelle terapie effettuate
fino ad ora se non si praticano emotrasfusioni, si decide di valutare
le condizioni psicofisiche attuali del p. per operare la terapia
unica che si ritiene ormai non più procrastinabile
(emotrasfusione)".
Lo psichiatra chiamato per
consulenza, conferma il più netto rifiuto del paziente e si limita a
riferire del colloquio senza esprimere parere alcuno: "h 18,10:
Dopo colloquio con il p. e con la moglie che confermano quanto detto
alla psichiatra si attiva la procedura di TSO (sic!) e si richiede
l'appoggio della Polizia di Stato (sic!) per poter effettuare terapia
trasfusionale. h 12.40: "il p. debolmente risponde con estrema
fatica alle domande rivoltegli pur essendo ancora cosciente; fornisce
risposte esaurienti e corrette e ribadisce la sua non volontà a
subire emotrasfusioni; le condizioni cliniche appaiono in progressivo
e rapido decadimento; il p. riferisce dolore retrosternale e dispnea.
Si giudica il p. in gravissimo ed immediato pericolo di vita e alla
presenza dell'autorità di PS e del Direttore sanitario, si decide di
iniziare immediatamente la terapia trasfusionale. Il p. rifiuta con
la violenza e con urla la emotrasfusione. La forza pubblica allontana
i familiari della stanza, che si oppongono a gran voce. Si decide di
contenere il p. per poter eseguire emotrasfusione.
h. 19,45:
è in corso la terza sacca. Mucose più rosee. P.A. 130/80. Il p. è
agitatissimo e incontrollabile in preda ad uno stato di agitazione
psico-motoria grave. ECG ... conferma lo stato ischemico miocardico;
si decide di proseguire con il programma emotrasfusionale con altre
due sacche...il cardiologo contattato telefonicamente concorda.
h.
19.55: 'l'infermiera al letto del paziente avvisa di crisi lipotimica
con arresto del respiro ... si inizia rianimazione... h. 20,30:
exitus"
Si ritiene di non riportare per ora le
dichiarazioni dei congiunti e dei testimoni oculari che peraltro sono
in mio possesso e ostensibili in ogni momento.
Il 27 maggio,
per incarico della Procura della Repubblica della Pretura
______________ , veniva eseguita l'autopsia del cadavere da parte del
Dott. ________________ dell'istituto di Medicina legale della
Università ___________________ il quale tra l'altro segnalava: 1)
"buone condizioni di nutrizione ... segni di agopuntura (regione
mammaria sn. e mano ds.) ... 2) al terzo inferiore del braccio di
destra, sulla sua superficie flessoria, segni di recente puntura di
ago con circostante colorazione ecchimotica rosso-violacea: 3) al
terzo medio del braccio di sinistra, nella superficie flessoria, due
aree ecchimotiche di forma irregolare... (da manifesta compressione,
n.d.s.)
Torace: integro lo sterno; fratture costali dalla
nona alla undicesima di destra sulla linea emiclaveare con discreta
infiltrazione emorragica dei tessuti molli circostanti (compatibili
con applicazione di manovre rianimatorie). Cavi pleurici contenenti
circa 1000 cc di liquido siero-ematico limpido a sinistra e circa 600
cc a destra, liberi da aderenze. Polmoni: forma e volume nella norma;
al taglio parenchima lievemente congesto in sede declive e pallido
nei restanti settori, alla spremitura del parenchima fuoriesce
modesta quantità di liquido schiumoso dagli apici, specie da quello
di destra. Liquido schiumoso nel lume della trachea e dei grossi
bronchi. Sacco pericardico: a livello del terzo superiore, sulla
faccia anteriore, segno di recente puntura di ago con infiltrazione
emorragica; cavo pericardico contenente pochi cc di liquido
siero-ematico.
Cuore: di volume aumentato, del peso di 615
gr. Nulla all'epicardio. Endocardio valvolare: numerose vegetazioni
calcifiche sui lembi valvolari aortici e sulla mitrale (semilunare
aortica: lembi calcifici con aree nodulari fra loro confluenti;
fusione dei lembi mediale e posteriore e ispessimento del lembo
anteriore. Corde tendinee ispessite specie sul papillare
anteriore).
Coronarie con pareti ispessite e calcifiche: il
ramo discendente anteriore, a livello del terzo prossimale e del
terzo medio, presenta due placche ateromasiche concentriche
condizionante stenosi del lume intorno 30-40%; il ramo principale di
destra presenta una placca ateromasica al terzo prossimale
condizionante una stenosi del lume intorno al 70% e nei restanti
settori stenosi irregolarmente distribuite intorno al 50%. Aorta
interessata da ateromasia di grado medio-elevato soprattutto
al'arco.
Stomaco: contenente scarsa quantità di liquame
marroncino, indifferente. A livello della piccola curva, a circa 8 cm
dal piloro, area ulcerativa profondamente escavata delle dimensioni
di 1,7x1,5 cm con margini irregolari rossastri e fondo necrotico con
area rosso-violacea (come per sangue coaugulato), nel contesto di
area di cm 7x7 con margini mammellonati, di colorito
bianco-grigiastro, di consistenza aumentata con scomparsa della
normale plicatura al suo interno; si rilevano altresì numerose aree
emorragiche puntiformi che interessano la mucosa della grande curva e
del bulbo duodenale. Assenza di sangue nel lume intestinale".
Nella
relazione di consulenza tecnica m.l. per il P.M. che merita se del
caso, un dettagliato riesame, sono contenute alcune fondarnentali
conclusioni:
"La causa della morte __________ è da
identificarsi in una acuta insufficienza cardio-circolatoria in
soggetto affetto da coronarosclerosi strenosante di grado
medio-elevato, cardiomegalia, miocardiosclerosi in corso in grave
anemizzazione da neoplasia gastrica".
"...Nel caso
di specie non ricorrevano le circostanze previste dalla legge per
effettuare la trasfusione" (in TSO).
"Le
condizioni erano così precarie da soddisfare appieno i requisiti
dello stato di necessità" (cioè soggetto in preda ad angor con
imminente pericolo di vita n.d.g.).
"Terapia
(trasfusionale)... in quel momento era l'unica che potesse offrire
possibilità di successo" (ma il CT molto saggiamente sembra
addebitare questa valutazione all'erroneo ragionamento della équipe
dei medici curanti perché sa benissimo che in tali condizioni di
grave sofferenza miocardica per infarto in atto, la emotrasfusione
era assolutamente controindicata perché capace di determinare
sovraccarico di un cuore molto sofferente e di produrre uno stress
psico-fisico anche mortale: il che puntualmente avvenne in corso di
trasfusione n.d.s.).
"Lo stress emozionale, indotto
dalla trasfusione attuata oltretutto mediante mezzi di coartazione e
quindi la sua adeguatezza qualiquantitativa sono elementi per
ritenere che anche quest'ultimo (e cioè lo stress... n.d.s.),
proprio in considerazione del breve lasso cronologico con l'episodio
di arresto cardiaco, abbia svolto un ruolo concausale, nel
determinismo del decesso".
"Emerge pertanto che i
medici dell'Ospedale ____________ abbiano privilegiato l'autonomia
della loro decisione...sulla autonomia del paziente".
Il
GIP della Pretura circondariale di ___________ in data 17.6.1998
convalida la richiesta di archiviazione avanzata dal PM rilevando che
"per quanto riguarda la condotta dei sanitari indagati, anche se
- come ha evidenziato il CT del PM - lo stress psicofisico indotto
dalla forzata emotrasfusione ha svolto un ruolo concausale nel
determinismo del decesso, in correlazione delle circostanze concrete
e del conflitto degli interessi etico-giuridici in gioco, non par che
essa sia censurabile sotto il profilo penale".
E a
questo punto non credo necessari ulteriori commenti o riferimenti (CT
prodotta dalla vedova _________, ecc.), riservandoli ad una ulteriore
occasione, che, mi auguro, non può non intervenire.
Tre
sole brevissime note finali:
1) l'ammalato, era si
anenimizzato per sanguinamento di neoplasia gastrica, ma il 23 maggio
1996 versava in crisi di angor per accertata insufficienza coronarica
(rilievo ECG di lesione infartuale)
2) la emotrasfusione non
era pertanto indicata, trattandosi di p. da sottoporre subito a
terapia intensiva cardiologica
3) la morte fu (con) causata
dalla emotrasfusione coattiva e dallo stress psico-fisico che vi si
accompagnò.
Esistono pertanto chiari elementi di colpa per
imperizia e imprudenza.
Ma la vicenda travalica di per se
stessa ogni legittimità deontologica e giuridica per il dato di
fatto di una terapia violentemente praticata contro la volontà
chiaramente, espressa dal paziente, mediante soppraffazione fisica e
dispregio della libertà e della dignità di una persona cosciente
moralmente motivata e pienamente capace di intendere e di volere.
A
parte la ricorrenza degli estremi di cui all'art. 610 c.p. (violenza
privata) e dell'art. 584 c.p. (o 586 c.p.) che non può non essere
riconsiderata, è nella specie del tutto evidente la violazione:
dell'art. 34, ultimo capv.. del c.d.m. per di più perpetrata con
violenza e sopraffazione su paziente in condizioni di piena
coscienza.
Avendone ricevuto dalla vedova ___________
preghiera di interessamento, mi rivolgo pertanto alla massima
autorità ordinistica, come è mio pieno dovere deontologico, per
ogni provvedimento informativo e/o disciplinare che vorrà attuare,
restando a disposizione per fornire tutta la documentazione - anche
nominativa - del caso.
Con ossequi
Prof. Mauro
Barni
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