4° Seminario “Coscienza, medicina e alternative al sangue

       Attualità in tema di rifiuto emotrasfusionale”

Presidio Zona Valdichiana 
Sabato 11 marzo 2000 ore 8,30 - Sala Riunioni
Via G. Maffei, 22 - Ospedale di Cortona – Ar

Dott. Franco Cosmi

U.O. Cardiologia Zona Valdichiana

ESPERIENZE DI COLLABORAZIONE CON IL COMITATO ASS. SANITARIA TESTIMONI DI GEOVA NEI TRASFERIMENTI IN ECCELLENTI STRUTTURE DI CARDIOCHIRURGIA ESPERTE NELLE ALTERNATIVE AL SANGUE

Nel trattamento delle sindromi coronariche acute (angina pectoris instabile ed infarto acuto del miocardio) si sono dimostrati molto efficaci alcuni farmaci (fibrinolitici, anticoagulanti, antiaggreganti, inibitori glicoproteici) e procedure di rivascolarizzazione non chirurgiche (angioplastica) e chirurgiche (by-pass aortocoronarico), che però causano un rischio abbastanza importante di emorragie che possono comportare la necessità di una trasfusione di sangue. 
Dall'esame della letteratura scientifica emerge che il rischio di emorragie gravi in questo tipo di procedure possa essere quantificato in circa l'1%, e di queste circa la metà hanno bisogno di una o più trasfusioni urgenti. Nella nostra esperienza, dei 412 pazienti ricoverati nei 5 anni antecedenti al 1998 presso l'Ospedale di Cortona per sindrome coronarica acuta, 4 hanno presentato una complicanza emorragica maggiore e 3 hanno ricevuto una o più trasfusioni. Nessuno di questi pazienti ha rifiutato la trasfusione. 
Il rifiuto della trasfusione sarebbe in questi pazienti un problema, in quanto una anemizzazione rapida e grave, se non trattata, accentuerebbe la patologia ischemica e non esistono studi controllati sulla alternativa al sangue in questi casi specifici. Gli altri presidi di ricostituzione ematica, sebbene efficaci, sarebbero troppo lenti nell'ottenere il risultato desiderato. Nei pazienti con sindrome coronarica acuta che non rispondono alla terapia medica o che sono particolarmente a rischio c'è necessità di eseguire una coronarografia e quindi eventualmente un intervento di rivascolarizzazione (angioplastica o by-pass). Questa eventualità si presenta in circa il 10% dei casi. 
Dei nostri pazienti, 33 sono stati inviati presso Ospedali di III livello, dotati di emodinamica e cardiochirurgia, per eseguire queste procedure. 
Due pazienti, un maschio ed una femmina, entrambi di 74 anni hanno dichiarato che per le loro convinzioni religiose avrebbero rifiutato una eventuale trasfusione, qualora si fosse resa necessaria. Abbiamo contattato il Comitato Assistenza dei Testimoni di Geova e concordato con i pazienti il trasferimento presso una struttura di alta specializzazione con esperienza nelle alternative al sangue. Un paziente è stato sottoposto a intervento di angioplastica coronarica con applicazione di stent mentre un altro è stato sottoposto ad intervento cardiochirurgico per l'applicazione di 2 bypass aortocoronarici. Fortunatamente nessuno dei 2 pazienti ha presentato complicanze emorragiche. Il decorso clinico è stato ottimo ed entrambi i pazienti godono attualmente di soddisfacenti condizioni di salute. 
In campo cardiochirurgico esiste il problema delle alterazioni emostatiche indotte dalla circolazione extracorporea e/o delle sostanze anticoagulanti che è necessario somministrare. 
Per quanto riguarda la circolazione extracorporea sui costituenti del sangue, le disfunzioni delle piastrine sono sicuramente le anormalità riscontrate più frequentemente. La riduzione dei tempi di circolazione extracorporea, l'evitare l'iportemia sistemica, usare alcuni agenti antifibrinolitici nonché evitare dosi eccessive di eparina sono le strategie terapeutiche per ridurre il danno piastrinico. 
Sebbene altri composti siano stati sperimentati, l'eparina rimane ancora l'unico vero anticoagulante utilizzato per il bypass cardiopolmonare così come il tempo di coagulazione attivato, per quanto empirico, rimane il principale test per il monitoraggio del livello di anticoagulazione. La conoscenza della farmacologia clinica dell'eparina e l'uso accorto del laboratorio per il controllo dei parametri emocoagulativi riduce le complicanze emorragiche a percentuali basse, anche se un minimo rischio permane comunque. 
Negli ultimi anni, l'aprotinina, un agente antifibrinolitico, si è dimostrato un formidabile agente emostatico in pazienti sottoposti a circolazione extracorporea, e alcuni studi sono in corso al riguardo. 
Tra i sostituti ematici le principali alternative ai globuli rossi sono rappresentate dai perfluorocarboni e dalle soluzioni di emoglobina. I primi, sebbene ancor oggi non raggiungano la capacità di trasporto di ossigeno dell'emoglobina modificata sono più facilmente ottenibili ed a minor costo. Per quanto riguarda invece le emoglobine modificate (microincapsulate, cross-linked, transgeniche, ricombinanti o purificate) sono in vari stadi di sviluppo ma promettono di essere efficaci e prive di effetti dannosi. 
In conclusione, nel trattamento delle sindromi coronariche acute l'uso corretto dei farmaci e delle procedure invasive riduce le complicanze emorragiche a percentuali molto basse. Certamente nei pazienti che presentassero una emorragia maggiore con necessità di trasfusione, e questa venisse rifiutata, si creerebbe un problema serio in quanto l'anemizzazione grave non trattata accentuerebbe la patologia ischemica. Non esistono studi sistematici né osservazionali né tantomeno randomizzati, che prendono in considerazione gli eventi clinici successivi ad un rifiuto di trasfusione nel campo della coronaropatia acuta. 

Dr. Franco Cosmi
Cardiologia Valdichiana