La SPERANZA vince la Fatica da Pandemia

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Pubblicato il 24 novembre 2020
Nota della Redazione: Le informazioni sono tratte da fonti Bibliografiche indicate tramite Link sottolineato.
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Prove scientifiche che la Fatica Pandemica si può curare anche con la Speranza. Covid-19 e lockdown hanno portato demotivazione, difficoltà di concentrazione, sfiducia e rassegnazione, cambiamenti alimentari e del sonno, irritabilità, stress, depressione, rabbia, solitudine, aumento di violenza domestica e sulle donne.

Il documento del 5 ottobre 2020 OMS “Stanchezza Pandemica: rinvigorire il pubblico per prevenire Covid-19” analizza cos'è la Fatica Pandemica e cosa possiamo fare. Gli obiettivi sono:
  • aumentare la comprensione della stanchezza pandemica, come si manifesta e perché si manifesta;
  • presentare un quadro di azioni concrete e strategiche;
  • condividere esempi di casi in molti paesi con i modi efficaci adottati per contrastare la stanchezza pandemica in molti paesi.
Parole negative, di cui oggi i nostri telegiornali sono pieni, contribuiscono alla Fatica Pandemica con effetti controproducenti a livello della salute mentale, fisica ed emotiva. Segnaliamo a questo proposito di leggere questo articolo ben fatto per proteggerci:  "Come combattere la Pandemic Fatigue"(jw.org). Disponibile in centinaia di lingue. Specifica i precisi indicatori della Stanchezza Pandemica fra cui: "demotivazione, difficoltà di concentrazione, sfiducia e rassegnazione, cambiamenti nelle abitudini alimentari e del sonno, irritabilità, stress su attività prima svolte normalmente". Presenta un quadro di azioni concrete e strategiche per ognuno, fra cui il ruolo della Speranza. Condivide esperienze di persone da vari paesi del mondo, che hanno adottato modi efficaci a livello pratico.

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I benefici terapeutici della SPERANZA.

Circa 20 secoli fa, Saulo di Tarso noto poi come Apostolo Paolo, definì la Speranza 'Elmo della Salvezza' nella sua lettera alla congregazione di Tessalonica al cap. 5 verso 8. Ci sono basi scientifiche per sostenere tale affermazione? Per capirlo in primo luogo dobbiamo ricordare che generalmente la testa è collegata con i pensieri e rappresenta gli effetti che possono essere negativi o positivi che arrivano come messaggi al nostro cervello. Quindi l'espressione 'Elmo della Speranza" rappresenta una protezione per la nostra mente e la nostra emotività. Per rendere più comprensibile l'argomento proviamo a spiegare cos'è l'effetto placebo per approfondire l'importanza di proteggere la nostra mente. L’effetto placebo è dovuto al fatto che l’attesa di un miglioramento causa il rilascio nell’organismo di sostanze “terapeutiche”, come le endorfine e l’adenosina (antidolorifiche) o l’adrenalina (che permette di gestire meglio gli stress). Un elevato effetto “placebo” (e quindi terapeutico) hanno anche le carezze, la musica, la voce, le relazioni umane positive.

In campo medico, a seguito di trials clinici, la sperimentazione in 'doppio cieco' è l'unica metodologia di valutazione scientifica possibile per misurare l'efficacia di un principio attivo contenuto in un farmaco. In pratica ad un certo numero di volontari vengono dati farmaci privi di qualsiasi principio attivo e altri con il principio attivo. Nessuno deve sapere chi ha ricevuto il farmaco o 'il placebo' ma solo cosa dovrebbe curare. Dal momento che in ogni caso esiste l'effetto 'placebo' sopra descritto, soltanto il farmaco o la terapia che supera tale sperimentazione, cioè che ha un principio attivo che dia un risultato significativamente superiore al placebo può essere definito efficace. La stessa procedura misura gli effetti collaterali negativi.

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In Italia uno dei gruppi di ricerca più avanzati è quello guidato dal professor Fabrizio Benedetti, neuroscienziato dell’Università di Torino, tra i massimi esperti internazionali del placebo. Fabrizio Benedetti è professore di Fisiologia umana e Neurofisiologia all’Università di Torino e dirige il Centro ipossia di Plateau Rosà. Tra i massimi esperti mondiali dell’effetto placebo, ha pubblicato per Oxford University Press Placebo Effects (vincitore nel 2009 del Medical Book Award della British Medical Association, pubblicato in Italia con il titolo: "L’effetto placebo. Breve viaggio tra mente e corpo", Carocci, seconda edizione 2018), "The Patient’s Brain" ("Il cervello del paziente", Giovanni Fioriti Editore, 2016) e "La speranza è un farmaco", Mondadori, 2018.

Il Prof. Benedetti ha dichiarato a Corriere.it: «La speranza è una caratteristica della specie umana, di sicuro una delle più complesse.— premette Benedetti —. Il nostro cervello è dotato di bersagli chimici, che possono essere colpiti efficacemente sia dalle parole e dall’interazione sociale, sia da molecole e farmaci. Le speranze, la fiducia e le aspettative del paziente muovono una miriade di molecole nel cervello e, alla luce delle scoperte recenti, tale componente psicologica usa gli stessi meccanismi dei medicinali»

«Oggi si conoscono almeno due meccanismi — spiega il neuroscienziato — Il primo: l’aspettativa e l’anticipazione della riduzione di un sintomo inducono una reale diminuzione del sintomo stesso. attraverso meccanismi cognitivi in cui i lobi frontali del cervello giocano un ruolo da protagonista. Per esempio, aspettarsi un beneficio terapeutico, e quindi un miglioramento clinico, riduce l’ansia, la quale è strettamente correlata a sintomi come il dolore: maggiore è l’ansia, maggiore è il dolore. Un soggetto meno ansioso percepisce il dolore con minore intensità. L’aspettativa di un evento positivo, cioè il beneficio terapeutico, scatena anche i meccanismi cerebrali di “ricompensa”, quelli cioè che ci permettono di anticipare un evento piacevole, come una ricompensa in denaro o in cibo. In questo caso l’evento piacevole è rappresentato dalla scomparsa di un sintomo. Il secondo che si conosce è un meccanismo di apprendimento.».
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L’effetto può essere misurato dal punto di vista neuroscientifico attraverso tecniche sofisticate, come la risonanza magnetica funzionale, che permettono di vedere che cosa succede nel cervello del paziente durante determinate condizioni. «Nel circuito neuronale della speranza — entra nel dettaglio il Prof. Benedetti — si accendono le aree più anteriori del cervello (aree prefrontali) e quelle più profonde (sistema limbico e tronco dell’encefalo). Quando si attivano, queste aree producono sostanze simili all’oppio e alla morfina (oppioidi) e alla cannabis (cannabinoidi) che producono sollievo. Tutto ciò avviene dunque nel cervello umano, dove un insieme di molecole costituisce una vera e propria farmacia interna attivata dalla relazione fra individui. Se io ho fiducia in te e spero di stare meglio, il mio cervello inizia a produrre antidolorifici naturali e il dolore diminuisce».

«Quando pronunciamo parole negative, in genere induciamo aspettative negative per cui l’individuo si aspetta da un momento all’altro qualcosa di spiacevole. E non c’è da sorprendersi. Se io comunico a una persona che sta per succedere qualcosa di brutto, la metto in uno stato di ansia anticipatoria, che gli serve per prepararsi ad affrontare la situazione. Lo stato d’ansia anticipatoria in cui ci troviamo in una situazione di questo tipo è dovuto all’attivazione dei nostri lobi prefrontali, cioè la parte più anteriore del cervello, che attivano una molecola, la colecistochinina, che amplifica il dolore. Ecco la ragione per cui il solo rumore del trapano del dentista ci fa sentire dolore», spiega Fabrizio Benedetti.

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Dichiarazione della Redazione: Le informazioni sono presentate a solo scopo informativo, in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento o comportamento e non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente, la visita specialistica o le ordinanze governative. . 

Alcune Fonti Bibliografiche di questo articolo:
- www.biodiritti.org No Profit
- www.egm.it No Profit
- Oms
- Prof. Fabrizio Benedetti
- Neuroscienze Università di Torino
- Intervista Corriere.it al Prof. Benedetti
- www.jw.org Ente Morale Religioso