Il rifiuto di trasfusioni salvavita. Webinar 19.03.2021. Sentenza 29469/2020 Cassazione

www.egm.it No Profit Pubblicato 20 marzo 2021
Nota della Redazione: Le informazioni sono tratte da fonti Bibliografiche indicate tramite Link sottolineato.
Dichiarazione: non esistono conflitti di interesse negli autori o nella Redazione.

La sentenza 29469/2020 della Suprema Corte di Cassazione e la legge n. 219/2017 hanno messo a tacere dubbi e paure sul rispetto doveroso dei medici al dissenso informato anche a trasfusioni salvavita applicando la legge e la Costituzione.

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Il 19 marzo 2021 si è tenuto un interessantissimo webinar dal tema: "Il rifiuto dei trattamenti sanitari salvifici secondo i principi enunciati dalla sentenza 29469/2020 Corte di Cassazione". Organizzato dalla MelCo 'Società Italiana Medico Giuridica' presso il Forum Risk Management.
Il segretario del MelCo il prof. Pasquale Giuseppe Macrì ha ricordato che: "La sentenza (29469/2020) ci informa come il principio di autodeterminazione ai trattamenti sanitari, anche nell'ipotesi negativa del dissenso e a fronte di un reale pericolo di vita, sostanzi un diritto perfetto del paziente e comporti un dovere di astensione per il medico. Diritto che, laddove si associ ad una scelta di libertà religiosa, è insuscettibile di bilanciamento."  Questo introduce il prossimo Webinar del 29.03.2021 sulla "Rilevanza Penale della mancato rispetto del Rifiuto dei trattamenti Salvavita" con una analisi a confronto sulla sentenza n.1179/2020 del tribuale di Tivoli in materia di rilevanza penale conclusa con la condanna dei sanitari per violenza privata ex art. 610 c.p. Per iscrizioni cliccca qui.

Il Webinar del 19.03.2021 ha risposto alle seguenti domande: Quali princìpi costituzionali e valore specifico giuridico trovano applicazione in materia di dissenso alle emotrasfusioni da parte di un Testimone di Geova? Di fronte al pericolo di vita per il paziente, il suo precedente rifiuto ad un trattamento sanitario salva vita, mantiene valore o può essere superato? Come applicare il rispetto del principio di “alleanza terapeutica” tra medico e paziente in caso di rifiuto delle emotrasfusioni?
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la Cassazione dà ragione ancora una volta ai Testimoni di Geova

La presente vicenda, che risale al 2005, riguarda il rifiuto alle emotrasfusioni espresso da una paziente Testimone di Geova, in occasione di un intervento programmato di parto cesareo. Il caso riguarda il rifiuto specifico (non generico) alle emotrasfusioni manifestato a voce e per iscritto da una paziente Testimone di Geova cosciente, prima dell’approvazione della legge n. 219/2017 (legge sulle DAT / biotestamento), che oggi da forza di legge alle normative costituzionali già esistenti, a difesa del diritto al dissenso informato alle emotrasfusioni anche salvavita.

Interessanti gli interventi coordinati in maniera eccellente da Emanuela Turillazzi Prof. Ordinario Medicina Legale Università di Pisa, con una cultura storica del diritto del paziente al Rifiuto delle Emotrasfusioni Salvavita derivante dalla Scuola del Prof. Mauro Barni da Lei ricordato. In particolare citiamo gli interventi dell'Avv. Omero Nardi difensore parte ricorrente in Corte di Cassazione, di Stefano Giaime Guizzi Consigliere Corte di Cassazione, di Vittorio Angiolini Prof. Ordinario Diritto Costituzionale, dell' Avv. Daniela Zorzit esperta di diritto sanitario e di Anna Aprile Prof. Associato Medicina Legale.

Durante il Webinar del 19.03.2021, i relatori hanno ricostruito e commentata le decisione della Suprema di Cassazione che ripercorre nella sentenza il fatto, con utili particolari, vissuti come dramma e abuso subito nel 2005 da una Testimone di Geova che a seguito di parto Cesareo aveva prima subito la sottovalutazione dell'emergenza emorragica in atto, visibile dai parametri dell'Emocromo che nel giro di 2 giorni erano passati con Emoglobina da 12 a 9, poi 6 e infine a 5,1. A quel punto i medici, prima di riportare la paziente al tavolo operatorio, l'hanno sottoposta a 7 trasfusioni coatte tra emazie e plasma, violentandola nel suo rifiuto motivato, scritto e ribadito. In particolare, la donna aveva prestato consenso scritto all’operazione di parto cesareo cui doveva essere sottoposta e aveva acconsentito, nel caso si fosse presentata la necessità, ad una procedura di laparoscopia, mentre aveva chiaramente manifestato il proprio dissenso ad ogni emotrasfusione, perché pratica contraria alla propria religione. I medici tuttavia hanno effettuato 7 trasfusioni coatte nel momento in cui la donna è venuta a trovarsi in pericolo di vita, sostenendo che il dissenso da lei manifestato non riguardasse anche situazioni vitali e non fosse quindi attuale rispetto alla situazione clinica. Durante il ricovero la donna ribadiva ai medici, sia verbalmente che per iscritto, il suo dissenso alle emotrasfusioni, da ritenersi valido in ogni circostanza, anche di fronte al pericolo di vita. A tal fine consegnava ai medici anche una dichiarazione scritta nella quale spiegava che tale rifiuto si fondava sulle sue profonde convinzioni religiose. Come detto, dopo l’intervento la signora subiva una grave emorragia a seguito della quale i medici la sottoponevano a una laparotomia esplorativa per accertare le cause del sanguinamento. Nonostante il rifiuto opposto dalla paziente, i medici ignorarono le sue volontà e le somministrarono sette emotrasfusioni coatte. La donna citava pertanto in giudizio i medici e la struttura ospedaliera, chiedendo il risarcimento dei danni subiti come conseguenza delle trasfusioni imposte, in grave violazione del suo diritto all’autodeterminazione. La Corte Suprema di Cassazione ha emesso la sentenza a suo favore, ribaltando quanto deciso in primo grado, dal Tribunale di Milano che respingeva le richieste della donna. Secondo i giudici di primo grado e di appello, con l’accettazione dell’intervento di laparatomia, la signora manifestava il desiderio di essere curata e con ciò accettava implicitamente tutte le fasi dell’intervento, inclusa la necessità di eventuali e future emotrasfusioni. Inoltre, ad avviso dei giudici di primo grado, non veniva dimostrato che il dissenso preventivo alla terapia trasfusionale fosse manifestato nella piena consapevolezza circa l’effettività e la gravità del pericolo per la propria vita. La Corte di Appello di Milano confermava la decisione, condividendone le argomentazioni circa l’implicito consenso alle emotrasfusioni.

Il 23 dicembre 2020 la Cassazione ha affermato, in contraddizione alle due precedenti sentenze, che tutti i pazienti hanno il diritto di decidere in merito alle cure mediche a cui sottoporsi, il che include il diritto di scegliere trattamenti efficaci che non siano in conflitto con la propria coscienza e le proprie credenze religiose. Sono passati 15 anni per arrivare alla sentenza della Cassazione perchè le Corti di Grado inferiore adite dalla paziente, incluso quella di Appello, sostenevano come lecito il comportamente dei Medici, decisione ribaltata dalla Suprema Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato che il diritto di autodeterminazione in materia di trattamento sanitario e la libertà religiosa sono due principi costituzionali che nel caso di specie non devono essere bilanciati con altri e si trovano quindi nelle condizioni di essere tutelati ed applicati pienamente. Questi principi hanno portato a dichiarare che la paziente Testimone di Geova abbia il pieno diritto di rifiutare un’emotrasfusione, anche con dichiarazione resa prima del trattamento sanitario, “purchè ne emerga in modo inequivoco la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita”, e che l’accettazione di un intervento  (la laparoscopia) non comporta anche l’accettazione implicita di una trasfusione. La Cassazione ha riconosciuto che rifiutare una trasfusione di sangue “non costituisce il mero esercizio del diritto di autodeterminazione sanitaria ma è una vera e propria forma di obiezione di coscienza, radicata in ragioni religiose”. Ha definito questa libertà “un diritto inviolabile, tutelato ‘al massimo grado’ dalla Costituzione”. Questa sentenza rappresenta l’ultima di 10 vittorie consecutive ottenute dal 2015 presso la Corte Suprema di Cassazione in casi riguardanti testimoni di Geova. In ognuno di questi casi la Corte ha ribadito importanti aspetti. Chiarimento sul rifiuto delle emotrasfusioni: I Testimoni di Geova vogliono le migliori cure mediche disponibili e accettano la stragrande maggioranza dei trattamenti sanitari. I tribunali hanno affermato che i pazienti Testimoni hanno il diritto di scegliere trattamenti sanitari che non violino la loro coscienza educata secondo la Bibbia. I medici sono tenuti a rispettare la volontà del paziente di rifiutare le trasfusioni di sangue. Si tratta di un’espressione della libertà di religione del paziente garantita dalla legge.

Interessanti le risposte al termine del Webinar alle domande poste dal Dr. Silvano Mencattini Divulgatore di Etica Scientifica, Curatore e Direttore di www.egm.it e di www.biodiritti.org. Le domande riguardavano il concetto dell'attualità del dissenso del paziente Testimone di Geova alle emotrasfusioni e che perviene al Pronto Soccorso incosciente ma il cui dissenso é documentato e anche rintracciabile nella Banca DATI delle Dat. Si è risposto e ribadito che la legge 219/2017 rende tale dissenso insuperabile dai medici. La seconda domanda riguardava l'articolo 32 della Costituzione, a tutela della salute della Collettività nella quale il Testimone di Geova rifiutando l'emotrasfusione a rischio della propria vita per motivi religiosi, essendo un trattamento non ancora esente del tutto da rischi del propagarsi di una eventuale catena infettiva, è ulterioremente a tutela della Collettività. Sarebbe interessante ripercorrere l'utilità sociale di chi, a rischio della propria vita, ha fatto entrare nel vocabolario giuridico il termine Dissenso Informato, e l'utilità di alternative validate alle emotrasfusioni, non sempre esenti da rischi infettivi per l'intera popolazione e oggi sostenute dall'Organizzazione Mondiale della Sanità con il programma - PBM Patient Blood Management a cura della Commissione Europea  - linee guida OMS del PBM Centro Nazionale Sangue

Altrettanto interessante l'esperienza illustrata da Anna Aprile Prof. Associato di Medicina Legale dell'Università di Padova che ha ripercorso il metodo da loro adottato su come applicare il rispetto del principio di “alleanza terapeutica” tra medico e paziente in caso di rifiuto delle emotrasfusioni. Chiedono specificamente ai Testimoni di Geova, pur dotati di DAT, di spiegare personalemente i limiti del loro dissenso alle emotrasfusioni e il potere concesso al Fiduciario da loro nominato. Questo ha posto in evidenza alcune diversità sul singolo approccio dei vari pazienti che a seguito di tale rifiuto, in alcuni casi, delegano completamente la decisione se trasfondere o no al fiduciario da loro nominato in caso di subentrata incapacità decisionale del malato.

Anche l'Avv. Omero Nardi, al termine della sessione, ha ribadito che il rifiuto dell'emotrasfusione del Testimone di Geova niente ha in comune con l'Eutanasia e che per quanto riguarda il rifiuto dell'emotrasfusione del minore maturo esistono sentenze che ribadiscono che non è compito del Tribunale dei Minori intervenire qualora i genitori non abbiano altre motivazioni limitative della loro potestà genitoriale, ma del Giudice Tutelare. Su questo si richiama ad una interessante sentenza della Corte di appello di Perugia che potete leggere qui.

In conclusione il Prof. Pasquale Giuseppe Macrì ha ribadito che il medico non ha l'ultima parola o rappresenti un potere supremo sulla vita altrui. Il paziente può sempre revocare un consenso o un dissenso. Oppure può indicare un dissenso limitato, ad esempio delle emotrasfusioni, anche se ha acconsentito ad altro trattamento. La sentenza e il principio da essa enunciato rappresentano uno strumento di tutela non solo per il paziente, ma anche per gli operatori sanitari che hanno bisogno di certezze e garanzie. È finita l'epoca in cui i sanitari di fronte al dissenso alle emotrasfusioni del paziente Testimone di Geova, si sentivano ostaggi delle loro paure o del paternalismo medico. Oggi sanno che è il non rispettare la volontà del paziente per trasfondere l'opzione più penalizzante per il medico e le strutture a livello giuridico e penale. L’evoluzione giurisprudenziale, anche con la sentenza 29469/2020 Cassazione, e indubbiamente la legge n. 219/2017, sembrano aver messo finalmente a tacere dubbi e paure sul rispetto doveroso del dissenso informato anche a trasfusioni salvavita, applicando la legge e la Costituzione.

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Le informazioni sono presentate solo a scopo informativo, in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento o comportamento e non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente, la visita specialistica o le ordinanze governative.

Altre Fonti Bibliografiche di questo articolo, consultate o citate nei link collegati:

- www.biodiritti.org No Profit
- www.egm.it No Profit
- Biblioteca Medica del Servizio di Informazione Sanitaria jw.org
- Documento sull'autodeterminazione del paziente in ordine al rifiuto della terapia emotrasfusionale (Arezzo 09.06.2000)
- Carta di Arezzo - Parere in Tema di autodeterminazione del paziente sui trattamenti salva-vita (Arezzo 2007)
- PBM Patient Blood Management a cura della Commissione Europea
- linee guida OMS del PBM Centro Nazionale Sangue
- CoBUS (comitati sul buon uso del sangue).
- Society for the Advancement of Blood Management (SABM)
- NATA (Network for Advancement in Transfusion Alternatives)